Certo, in un triste anniversario come questo, si fa troppo presto a celebrare una grande interprete quale era lei usando aggettivi superlativi ed omaggiandola con le consuete retrospettive fatte di filmati d'epoca raccattati qui e la. Si sono tracciate tante storie sulla sua carriera, sulle sue sconfitte, sulle sue numerose rinascite sia discografiche che umane e sulla sua fragilità, figlia di quell'enorme sensibilità di cui solo i veri artisti sono portatori sani, ma che spesso può anche diventare la loro lacerante malattia. Di lei, dopo la sua tragica scomparsa abbiamo ascoltato e riascoltato le sue canzoni, a volte ripassandole come un libro di scuola, altre scoprendone di nuove e preziose, nascoste tra le tracce di album che non avevamo suonato per intero a suo tempo. In molti hanno persino voluto fare delle sperequazioni sulla sua morte, volendo trasformarla in una di quelle volgari storie da insopportabile programma di pseudo-investigazione cui ci hanno assurdamente abituati in questi nostri tempi. Personalmente, invece, ogni volta che penso a lei, non so perché ma non posso fare a meno di sentire come un senso di colpa, nei suoi confronti. E credo, senza essere smentito, che tutti noi dovremmo avercelo, anche chi non l'ha mai incontrata di persona, persino chi non era particolarmente suo ammiratore dovrebbe averne un po'. La solita manfrina che tira fuori quella vecchia diceria che le mise addosso quell'odiosa etichetta da "portasfortuna", non è certamente la causa principale della sua forte depressione, anche perché chi l'ha seguita bene nella sua carriera sa bene che ormai era stata decisamente superata e tirata fuori solo di rado da qualche nostalgica comare a cui dare poco credito e zittita dal nuovo successo che la cantante di Bagnara Calabra (RC) aveva incontrato sul suo percorso. Chi anche solo per qualche episodio abbia calcato le tavole di un palcoscenico può capire invece più a fondo il motivo di tanto malessere e di tanto sconforto. Come tristemente profetizzato da una sua nota canzone degli anni '70, lei era una donna drammaticamente sola. Anche se contornata da molte persone, anche se acclamata sulle scene e benvoluta da critica e pubblico, ahimè quella triste sera a casa sua non c'era nessuno a consolarla: non un amica, non un ammiratore e, ancor più grave, un uomo che l'amasse come Domenica e non come Mia. Perché migliaia di applausi, centinaia di autografi o foto con gli estimatori, non sono proprio nulla se scesa dalle scale del palco, sotto non c'è nessuno ad accoglierti con un bacio e, tornata a casa, l'assordante silenzio delle quattro mura domestiche diventa un mostro contro cui non si riesce più a combattere ad un certo punto. Ciò che non si dice spesso, forse per rispetto o più per ipocrisia, è che negli ultimi tempi, anche il mondo della musica, soprattutto quello discografico, le stava già voltando di nuovo le spalle. I suoi ultimi dischi, per quanto ben realizzati e con ottimi autori, non decollavano più di tanto nelle classifiche e le radio, iniziavano nuovamente a snobbarla nelle loro programmazioni, tanto che la sua casa discografica, a sua volta in fase di vendita stava pensando di chiuderle il contratto. Inoltre, qualche critico, ora unito agli altri nel tardivo piagnisteo, aveva scritto sulle sue recensioni, che "la sua voce stava perdendo colpi e non aveva più lo smalto di un tempo, apparendo troppo rauca e sguaiata" Ora tutto ciò è stato sepolto insieme a lei e a noi la sua spontaneità, il suo sorriso irregolare, la sua intelligenza musicale mancano tantissimo e non possiamo far altro che cogliere in ritado la sua disperazione nascosta tra le note. Ciao Mimì...
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Giugno 2015
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